Natsuko Toyofuku

Natsuko Toyofuku, Natsu per gli amici, giunge in Italia dal Giappone da bambina e nel capoluogo lombardo trova la sua patria d’elezione. Il padre, Tomomori Toyofuku, è stato uno di quei grandi talenti che negli anni ‘60 e ’70 hanno improntato all’Informale la scultura nipponica, rivoluzionando poetiche espressive che erano sì ancora legate alla tradizione, ma ormai mature per aprirsi agli influssi delle tendenze europee e americane. La  madre, Kazuko, utilizzava il pennello con grande maestria per dar vita a raffinate composizioni pittoriche che molto dovevano all’eleganza e all’estemporaneità della scuola del calligramma orientale. Natsu non può che ereditare dunque una predisposizione alla ricerca formale e la voglia di uscire dagli schemi: sperimenta negli anni ’80 tecniche e materiali inusuali in un ambito espressivo del tutto particolare come quello del gioiello - ancora teso, in Italia come all’estero, ad assecondare un gusto fondamentalmente classico - e anticipa stili che si sarebbero rivelati vincenti in tempi successivi.

Gli esordi di Natsu nel campo del gioiello risalgono infatti agli anni ‘80, quando inizia a esplorare un po’ istintivamente un po’ avventurosamente la plasticità che materiali non preziosi possono offrire alle mani dell’orafo. Utilizzando, ad esempio, la perla, la magica ”gemma” cara alla cultura giapponese, ma anche metalli “non nobili”, come l’argento e il bronzo prevalentemente fusi a cera persa.